Erano gli anni dell’urlo di Marco Tardelli e di Totò Cutugno che raccontava un’Italia agli spaghetti al dente e un partigiano come presidente, ma forse poco dopo. Magari erano gli anni di Totò Schillaci, delle notti magiche e del Super Santos (il pallone) che portavamo fieramente sotto l’ascella perché eravamo tutti panchinari e tutti capitani. Non una ma tante nazionali di borgata senza fenomeni e fatte e cresciute a pane e latte e di tanto spirito operaio, perché dove non ci arrivi tu ci metto il piede io.
Non c’erano smartphone che potevano cascare dalle mani allora, gli unici telefoni che prendevano qualche botta erano le cabine telefoniche che molto spesso finivano per diventare il palo di una porta immaginaria. Niente te caldo e cambio di maglia nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo, ma solo qualche bicchiere d’acqua scroccato al bar e le canottiere del mercatino che restavano sudate. C’era la voglia di vincere come fosse la finale dei mondiali, eppure non c’erano i colori, le razze, gli stipendi milionari e le tifoserie violente. Al fischio finale lo spogliatoio diventava la bottega sotto casa e le mille lire le portavamo fieri al salumiere come fosse uno scudetto.
“Il piattino” lo hanno sempre chiamato a Palermo… Altro che cibo asiatico! Altro che panini prodotti in serie! Altro che merendine dai pacchetti colorati! Il pattino di 1000, 2000 o 3000 lire era democratico come Berlinguer e risoluto come Almirante. Come diceva il salumiere: “se puoi pagare manci, se non puoi pagare mangi lo stesso”. Mortadella, salame, prosciutto, provola (e non credo di ricordare altri salumi oltre questi a cavallo degli anni 80’e 90’) erano piatti gourmet prima dell’avvento della cucina francese e giapponese. Non me ne vogliano l’uramaki o la quiche Lorraine, il piattino era già pallone d’oro senza bisogno d’impiattamento.
La mortadella ha la sua storia, il salame se la sente sucare, la provola dove la metti sta, e il prosciutto è talmente evergreen che Giorgio Armani può accompagnare solo. Una composizione perfetta di eccellenze, anzi di figli prediletti, che la storia ci regala una volta ogni morte di papa proprio come solo il rinascimento ci ha regalato tutti in un colpo Michelangelo, Raffaello, Donatello e Leonardo. Non c’è bisogno di contemplarlo come l’arte contemporanea, non c’è necessità di fotografarlo perché manco è vanitoso, il piattino è come moschettieri di Alexandre Dumas: uno per tutti e tutti per uno!
di Gianluca Tantillo